il conformismo

Nel 1954 Alberto Moravia pubblica il romanzo Il conformista. Il romanzo racconta la storia di Marcello Clerici, un agente della polizia politica durante il fascismo. Tormentato fin dall’infanzia da una oscura inquietudine e da un sentimento di anormalità che incombe su tutti i suoi gesti, che lo insegue quasi come una tara genetica, Marcello passa la vita a cercare disperatamente di “rientrare” nella normalità, di aderire al senso comune, di adottare le idee e le forme di vita della maggioranza. Di vivere, in sostanza, nel più perfetto conformismo. Per questo, tra le altre cose, aderisce perinde ac cadaver, letteralmente come un corpo morto, al fascismo, prestandosi a compiere qualunque atto il regime gli richieda.

Addentrandosi però nei meandri sempre più oscuri della normalità, Marcello si rende conto che il conformismo non è una sorta di condizione “naturale”, di innocenza che procede ogni colpa. Il conformismo, al contrario, è la forma più perversa di anormalità, perché ambisce a rovesciare la responsabilità individuale in irresponsabilità collettiva.

In particolare, per Marcello, il cui mestiere è la normalizzazione politica del delitto, il conformismo si precisa come la possibilità di fare il male confusi nella massa, appoggiati dal numero, sostenuti dalla quantità. È l’eliminazione dell’individualità come punto di applicazione della coscienza e del giudizio, e quindi come luogo dell’arbitrio.

Ma adesso, pensò, non era, non sarebbe più stato solo. Anche se avesse commesso un delitto, purché l’avesse commesso per certi fini, si sarebbero schierati accanto a lui lo stato, le organizzazioni politiche, sociali e militari che ne dipendevano, grandi masse di persone che la pensavano come lui, e fuori d’Italia, altri stati, altri milioni di persone.

Dopo aver contribuito a portare a termine l’assassinio di un professore antifascista esule a Parigi, Marcello sa che l’unica “via d’uscita” dalla responsabilità è poter condividere il peso di quel cadavere con la collettività:

“Adesso”, pensò lucidamente, “bisogna che anche gli altri facciano il loro dovere… altrimenti resterò solo, con questo morto sulle braccia e alla fine non avrò aggiunto che il nulla al nulla”. Gli altri, come sapeva, erano il governo che con quell’uccisione egli aveva inteso servire, la società che si esprimeva in quel governo, la nazione stessa che accettava di essere guidata da quella società.

La forza quantitativa del consenso ha il potere di cambiare e invertire la qualità degli eventi:

Soltanto in questo modo, quello che normalmente era considerato un comune delitto sarebbe, invece, diventato un passo positivo in una direzione necessaria. In altri termini, doveva operarsi, grazie a forze che non dipendevano da lui, una trasmutazione completa dei valori: l’ingiusto doveva diventare giusto; il tradimento, eroismo, la morte, vita.

Probabilmente è in virtù di questo sistema di inversione dei valori e scarico della responsabilità che anche chi ha commesso le peggiori atrocità, se si è sentito autorizzato da una forza collettiva – vedi il caso Montanelli tornato di attualità in questi giorni – solitamente rivendica con disinvoltura una forma di impunità sociale, perfino postuma rispetto al regime in cui il delitto si è consumato.

la comicità del potere

Lo scorso giovedì 12 dicembre ho partecipato all’Università Pompeu Fabra di Barcelona a un convegno dal titolo When Clown Becomes King: the Politics of Humour and Emotions in the Age of Populism. Avevo intenzione di portare un contributo interamente focalizzato sulle dinamiche della satira e della caricatura nell’Italia fascista, ma da un lato il focus ultra-contemporaneo della conferenza, dall’altro le continue fantasmatiche interferenze che la cronaca politica esercita sul passato, mi hanno convinto a partire da qualcosa di più attuale. Ho iniziato quindi mostrando un breve frammento di un video molto celebre in Italia, che ha per protagonista Giorgia Meloni, leader del partito in prepotente ascesa «Fratelli d’Italia». Ho spiegato che «Fratelli d’Italia» è un movimento politico che si può definire “post-fascista”, erede di quei partiti che hanno cercato di “depurare” alcune idee e alcuni valori fondamentali del fascismo storico per riproporli nel contesto dell’Italia repubblicana.

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qualcuno che ride

Martedì 28 maggio ho tenuto all’Università Pompeu Fabra di Barcelona una lezione su letteratura, fascismo, emozioni e caricature. Mettere insieme queste quattro cose è stato il lavoro che ho fatto durante i miei due anni alla Queen Mary University di Londra. Ma come stanno insieme queste quattro cose?

L’idea è che il fascismo non sia stato soltanto un regime politico, ma un “regime emotivo”: ovvero, un sistema sociale che funziona anche grazie all’attivazione, l’imposizione, la gestione e l’uso politico di una serie di emozioni funzionali, individuali e collettive. La propaganda, i discorsi pubblici, le cerimonie, le manifestazioni, le narrazioni condivise e “memetiche” sono i dispositivi attraverso i quali il regime mette in scena e orchestra le perfomance emotive che vuole trasmettere (o imporre) agli individui.

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donne della resistenza

Condivido il video della lezione tenuta da Serena Pezzini alla Scuola Normale Superiore di Pisa lo scorso mercoledì 8 maggio, all’interno del ciclo «Donne e letteratura», parte del programma di formazione per docenti «Accademia dei Lincei e Normale per la Scuola».

Serena parla della rappresentazione delle partigiane nei romanzi dedicati alla resistenza, e analizza in particolare i romanzi scritti da tre donne che hanno preso parte in prima persona alla guerra di liberazione dal nazifascismo: Renata Viganò, L’Agnese va a morire; Ada Prospero Marchesini Gobetti, Diario partigiano; Giovanna Zangrandi, I giorni veri. Il tutto contestualizzato entro una ricostruzione della condizione della donna nella società italiana durante il fascismo.

Segnalo sinteticamente tre cose secondo me molto importanti di questa lezione, tre questioni fondamentali che si comprendono grazie al metodo e allo sguardo adottato da Serena, e che consentono, attraverso lo studio della letteratura, di fare zoomout e considerare problemi più generali:

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